Che cos’è una Passeggiata Patrimoniale

Uno scambio di mail che chiarisce la specificità delle passeggiate, in riferimento alla passeggiata “Artigiani” del 24 gennaio a Venezia  altre informazioni qui Di Marta Tasso – 31 gennaio 2015 Buongiorno a tutti amici e frequentatori di questo gruppo. Dopo un po’ di esitazione avrei piacere di condividere con voi alcune considerazioni, non alte disquisizioni accademiche in questo caso bensì uno stream of consciousness sincero. Sono Marta, una quasi-donna che si sta avventurando in un mondo adulto che richiede di essere osservato con occhi critici e curiosi. Ho partecipato alle iniziative dello scorso weekend “Followgondola.eu” sia per dovere che per interesse e…… che dire? Sabato abbiamo passeggiato e conosciuto luoghi di Venezia stupendi come la Fonderia Valese e le botteghe di forcolai e di artigianato artistico. Lunedì uno dei relatori al seminario all’incubatore ex-herion alla Giudecca durante una chiacchiera mi ha chiesto “ma secondo lei è possibile individuare una metodologia per le passeggiate patrimoniali?” Si? Sicuramente si possono individuare e fissare degli obiettivi a cui bisogna tendere e fornire delle indicazioni di massima ma chissà quanto sia opportuno “impacchettare” tali promenade? Riguardo la passeggiata patrimoniale di sabato aleggiava la perplessità di un filo conduttore poco marcato, tuttavia –per quanto mi riguarda – a conclusione della mattinata ho tirato le fila, sbrogliato le matasse di pensieri e le perplessità raccolti qua e là. Tale processo lo ritengo particolarmente gratificante e profondo, un’elaborazione personale sicuramente più fruttuosa che ricevere delle informazioni molto strutturate. La Convenzione di Faro, strumento “democratico” che vuole lasciare spazio all’iniziativa personale e valorizzare le diverse interpretazioni della storia, potrebbe quindi includere anche una condivisione emotiva della storia? Quale risulta essere il metodo migliore per stimolare una presa di coscienza della società? Parlare e confrontarsi riguardo condizioni e prospettive di chi abita, vive e lavora in un territorio favorisce scambi fruttuosi di idee e ragionamenti, se poi ci si aggiunge anche l’empatia.. percepire l’emozione con cui Pietro Russo racconta la genesi della sua opera “vaso che si vede ma non c’è” mi ha permesso di cogliere quanta tenacia sia necessaria per sviluppare dei progetti culturali validi. Ascoltare ed essere toccata dalle problematiche che affliggono la serigrafia artistica Fallani e dallo sfogo sincero (avvenuto lunedì alla Giudecca) di Saverio Pastor mi ha riportata ad un piano reale ed oggettivo su cui innestare un lavoro di valorizzazione autentica. Pietro Forcolaio Matto è un ragazzo attaccato ai suoi valori ed ai riti che scandiscono la sua vita ed è come se mi avesse sussurrato all’orecchio “non alienarti mai e non venderti nemmeno per tutto l’oro del mondo!” Interessante ed istruttivo è stato vedere le tecniche tradizionali con cui lavora la Fonderia Valese, io con voi sarò sincera: ciò che in particolare ha catalizzato la mia attenzione è stata l’espressione del volto del signore che era lì ad aiutare nelle operazioni di fusione. Ci guardava, serio, con la mano sul fianco, il sabato la Fonderia è chiusa, il forno spento e non si lavora. Qual è la sottile linea rossa che separa il folklore dal folklorismo? Valese - Semenzato   Di Adriano De Vita – 31 gennaio 2015 Cara Marta, Bella lettera (perché è una vera lettera, non un “post”)! Anche a noi di Faro Venezia spesso chiedono di stabilire “regole” per fare queste passeggiate ed è sempre una bella fatica spiegare che si tratta di un formato aperto e flessibile che può e deve essere interpretato da chi le progetta. In buona sostanza quello che distingue dalle più abituali visite guidate sono due cose: la prima è che sono imperniate sull’incontro con testimoni e non esiste quindi una “guida”. Senza guida ci sentiamo tutti persi vero? E’ a questo che servono la guide, a non farci perdere. Questi testimoni dicono quello che vogliono, non c’è alcuna preparazione o accordo preliminare con loro. E dicono cose diverse se li incontriamo più volte. In questa situazione aperta agli imprevisti succedo varie cose. Una è che entra in crisi una forma di apprendimento che tutti abbiamo interiorizzato nel corso della nostra vita scolastica. E’ un modello gerarchico: c’è una persona che sa le cose e altre persone che non le sanno. La prima cerca di “trasmettere” agli altri quello che sa. E’ una pedagogia antica, risale alle lettere di Paolo di Tarso che parlava di vasi pieni (i maestri) e vasi vuoti (gli allievi). Ha avuto effetti nefasti per secoli perché tende produrre una abitudine passiva negli allievi che si abituano ad accettare quello che passa il convento senza discutere, senza ragionare, e soprattutto senza prendesi alcuna responsabilità rispetto a quello che pensano. Infatti non sviluppano pensieri propri, ma contengono pensieri altrui, come corpi estranei. Nulla di strano che poi non riescano a collegare le cose imparate in questo modo con la vita reale. Nonostante quasi un secolo di innovazioni pedagogiche – e non di poco conto – si parla sempre abitualmente di “erogare” formazione. Come se gli insegnanti fossero pompe di benzina e gli allievi serbatoi da riempire. Molte Madrase (http://it.wikipedia.org/wiki/Madrasa) funzionano tuttora così e sappiamo che tipo di persone producono. Quello che risulta sempre spiazzante in una passeggiata è che questo modello non esiste e gli accompagnatori si trovano fronteggiare insistenti richieste di spiegazioni. Queste infatti ripristinano una situazione più familiare e riportano tutti nella confort zone emotiva che hanno provvisoriamente abbandonato. Ma… Ma se se riusciamo a sostare nell’incertezza si crea una situazione di apertura e di ascolto. Apertura a cosa? Al mondo, alla capacità di fare esperienza. E di ascolto “interno”: perché la situazione stimola emozioni e pensieri che sembrano svilupparsi per conto proprio, agganciandosi alle nostre predenti esperienze e superandole. In sostanza si crea la possibilità di apprendere senza che ci sia nessuno che insegni. Praticamente tutta l’arte contemporanea crea situazioni di questo tipo ed è per questo che molti la rifiutano ed ecco anche che cosa c’entrava la bottega di Pietro Russo, che è un artista. La seconda cosa che contraddistingue le passeggiate ha sempre a che fare con i testimoni, ma da un altro punto di vista. Si innescano in modo automatico e spesso inconsapevole, processi di identificazione (reciproca). Qui non c’entra molto quello che i testimoni dicono, ma quello che sono., il tipo di persona che abbiamo davanti, la vita che fa e il suo atteggiamento verso il mondo. Spesso si tratta di persone che fanno una vita molto diversa dalla nostra e di nuovo si crea una situazione di apertura e sorpresa. Anche io sono rimasto colpito dal collaboratore di Semenzato, dalla sua aria enigmatica innanzitutto. Per chi non c’era allego una foto dove questo si coglie bene. Sarebbe un ottimo psicoanalista, pensavo. E poi, con atteggiamento vagamente paranoide, : vuoi vedere che pensa: “questi non hanno mai lavorato un solo giorno in vita loro”? Ma anche con un preciso senso di ammirazione per il suo modo di muoversi. Questo si vede benissimo nel breve video che ho girato al volo, sempre per chi non c’era: https://vimeo.com/117947961  . Io mi occupo di formazione professionale e nel gergo degli addetti ai lavoro questa si chiama competenza esperta. Nella lingua di tutti giorni in vece è il saper fare una cosa ad occhi chiusi. Stiamo parlando di eleganza. E’ un sapere “fisico” che non richiede alcun tipo di studio, ma è difficile da raggiungere e più sofisticato di quello che sembra se lo guardiano attraverso le lenti colorate della nostra educazione idealistica che privilegia la teoria sulla pratica (si studia storia ma non si fa storia, si studia filosofia, ma non si fa filosofia, si studia letteratura, ma non si scrive nulla…). Il patrimonio intangibile è questo. Quando un regolamento comunale, come quello attivo a Venezia, protegge i muri delle botteghe, ma ignora questa competenza esperta prende fischi per fiaschi e si rivela del tutto inefficace. L’ultima vittima di questa cecità è stata la magnifica bottega dei fratelli Comelato a Santa Fosca, nella quale volevo portarvi ma che purtroppo ha chiuso da poco per sfratto: https://vimeo.com/22334419 Una bella sfida per i giuristi: che ne dite di formulare un concetto di qualità artigiana che sia abbastanza operativo (cioè anche non formalmente perfetto) da poter essere utilizzato in un regolamento comunale? Non mi dilungo oltre, anche se lo farei con piacere. Solo tre note: le passeggiate a volte vengono intese come strumenti di marketing istituzionale, possono servire insomma per fare bella figura. A volte ci siamo trovati intrappolati in situazioni di questo genere. Non succederà più. Anche noi impariamo dall’esperienza. Le passeggiate non si prestano come attività commerciali. Non è un rifiuto ideologico, solo una considerazione pratica. Funzionano meglio con pochi partecipanti e con tempi rilassati (non sono corse campestri). Generalmente si entra in luoghi di solito chiusi al pubblico e questo si può fare solo raramente per non essere molesti. Inoltre se ci guadagnano gli organizzatori allora dovrebbero guadagnarci anche i testimoni rendendo il tutto molto costoso e quindi molto elitario. Come situazione di apprendimento funzionano al massimo grado con gli organizzatori. Scegliere un tema significativo, progettare un percorso, trovare i testimoni “attivano” entusiasmo e competenze complesse. Gli studenti (o i cittadini) non dovrebbero esser portati a fare una passeggiata, dovrebbero esserne gli ideatori e organizzatori. Quando abbiamo potuto fare così i risultati in termini di consapevolezza civica e sviluppo di abilità complesse sono stati sorprendenti. Sono un ambiente di formazione della cittadinanza attiva.