Fine degli artigiani a Venezia

Oggi El Felze, l’associazione dei mestieri che contribuiscono alla costruzione della gondola ha diffuso una riflessione che suona come una campana a morto. Non è un gruppo che si lamenta: non si contano le idee, le iniziative, la proposte che negli ultimi anni hanno avanzato per la tutela e valorizzazione del patrimonio tangibile e intangibile che incarnano (non “rappresentano” che sembra di stare a teatro ) lo incarnano in senso letterale). Ecco la lettera, le riflessioni seguiranno.

Venezia, 14 ottobre 2020

Le nostre aziende artigiane stanno morendo. In special modo quelle che devono
corrispondere un affitto per i locali che occupano
. Leggiamo delle chiusure di grandi negozi con nomi scolpiti nella storia di questa città. Abbiamo sentito di ipotesi di infiltrazioni mafiose, di possibili affermazioni del malaffare nella vita economica completamente scardinata dal virus. Vediamo saracinesche abbassata e possiamo immaginare quali difficoltà si siano trovate nei tentativi di rialzarle.


Lo sappiamo: la nostra città paga, più di altre, l’aver incentrato la sua economia su un
turismo invasivo. Ora non c’è più turismo e quindi non c’è economia. Non più passaggi, non più transizioni, pochi scambi commerciali, ordini, richieste di prestazioni e prodotti…se non una laguna, un mare di spritz.
Le aziende lamentano fatturati che si assestano tra il 25 e il 60% rispetto a quelli degli anni scorsi. Con questi numeri non si pensa più a possibili utili ma si rosicchiano i risparmi di tempi più rosei; proprio non si pensa a margini di alcun tipo. Si cerca di non lasciar il personale senza coperture economiche ringraziando della possibilità di usufruire della Cassa Integrazione. Si cerca di risparmiare negli acquisti, andando a consumare eventuali scorte d’annata. Si chiedono prestiti e mutui per poter disporre di un minimo di liquidità.

Da questo panorama desolato emerge uno scoglio sempre più imponente,
insopprimibile e quindi insopportabile: la scadenza di affitti che inesorabilmente vengono mensilmente confermati. Ci chiediamo perché in un mondo in sofferenza la rendita immobiliare non debba a sua volta penare e non possa condividere, e quindi alleviare, le difficoltà degli affittuari; sembra non si rendano conto che, dopo gli abbandoni degli attuali inquilini avranno lunghi periodi con gli immobili sfitti e che solo attività di dubbia limpidezza potranno farsi avanti. Per la verità alcuni, pochi, proprietari hanno gentilmente confermato contratti in scadenza, altri hanno graziato o ridotto i mesi del lock-down: ma nel complesso oggi sono quasi tutti lì a controllare il puntuale pagamento di quanto loro dovuto.

Diventa così ancor più palese il significato di rendita di posizione cui questa categoria
di soggetti economici attinge: essi non producono nulla, incassano. Non alludiamo ai piccoli proprietari ma alle società immobiliari e, soprattutto, agli enti pubblici e morali da cui si auspicherebbero ben altre sensibilità. Aumentare gli incassi sembra l’unico obiettivo, a prescindere dal momento storico, dalle reali necessità di spesa, da dubbi di equità sociale e da una consapevolezza di provocare perturbazioni del mercato immobiliare. Qui sta una delle cause dell’involuzione socioeconomica della nostra città (in buona compagnia di altri centri storici): abbiamo assistito, noi con gli ignari (?) politici che ci governavano, ad un suo stravolgimento alla fine del secolo scorso ed ora, più che di declino, possiamo parlare di un vero precipitare verso un abisso che non riusciamo ancora ad immaginare.

Evidentemente non è solo una critica di principio ad un sistema che ci sta stretto
quella che facciamo ma stigmatizziamo questa situazione perché molti di noi ne sono
vittime. Non sopportiamo più questo modello economico perché non ci è più possibile
sostenerlo in prima persona, perché sembra ormai evidente che per noi artigiani, per il
nostro modo di lavorare e produrre (a favore dei cittadini dei centri storici) non c’è più
spazio. Se molte delle grandi firme del commercio caratteristico di Piazza San Marco non ce l’hanno più fatta, sappiamo che i prossimi a non reggere questi costi saremo noi artigiani del centro storico di Venezia.

Con buona pace di tutti coloro che cercano, ammirano e apprezzano il Patrimonio
Culturale di cui siamo testimonianza; di coloro che all’improvviso ci cercheranno, ma non ci troveranno.

Il Consiglio direttivo de El Felze: Saverio Pastor, Giuliana Longo, Sabrina Berta, Paolo
Brandolisio, Marzio De Min, Piero Dri, Ermanno Ervas, Elisabetta Mason con Emilio
Ballarin

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