Archivi tag: lavoro

FAQ 2.7 – Cosa significa – in termini pratici – che la applicazione della Convenzione è da realizzare anche mediante la salvaguardia delle figure professionali coinvolte nel settore?

Nel testo della Convenzione di faro (CF) il tema del lavoro culturale e delle figure professionali coinvolte è toccato più volte e in modo chiaro, ma nelle discussioni e negli studi e che hanno accompagnato il lungo processo di ratifica della CF non vi è quasi traccia di questo tema. Questa indifferenza è quasi incredibile visto che CF si sofferma molto spesso, in modo esplicito e ripetuto sul tema delle figure professionali e della loro formazione. Ci sembra opportuno richiamare per esteso questi punti:

Articolo 7 (4) – Patrimonio culturale e dialogo:

Si sottolinea l’importanza del dialogo interculturale, della legittimità delle diverse interpretazioni e attribuzione di valore al patrimonio da parte di comunità culturali diverse, della coesistenza e comprensione reciproca. In questo quadro le parti si impegnano aintegrare questi approcci in tutti gli aspetti dell’educazione e della formazione permanente”.

Articolo 9 (4 e 5) – Uso sostenibile del patrimonio culturale.

Si incoraggia a:

  • promuovere l’uso dei materiali, delle tecniche e delle professionalità derivati dalla tradizione, ed esplorarne il potenziale per applicazioni contemporanee” e a
  • promuovere l’alta qualità degli interventi attraverso i sistemi di qualifica e accreditamento professionali per gli individui, le imprese e le istituzioni

Articolo 13 (1 – 3 – 4)- Patrimonio culturale e conoscenza.

Questo articolo è dedicato quasi interamente alla questione delle professioni. Si incoraggiano in modo deciso e specifico azioni di ricerca e formazione sulle tematiche legate al patrimonio. In particolare:

  • facilitare l’inserimento della dimensione dell’eredità culturale in tutti i livelli di formazione, non necessariamente come argomento di studio specifico, ma come fonte feconda anche per altri ambiti di studio;
  • rafforzare il collegamento fra la formazione nell’ambito dell’eredità culturale e la formazione professionale;
  • Incoraggiare la formazione professionale continua e lo scambio di conoscenze e competenze, sia all’interno che fuori dal sistema educativo.

Data la chiarezza e l’insistenza della CF sul tema delle professioni della cultura questo la “cecità selettiva” che ha colpito gli addetti ai lavori in tutti questi anni richiede almeno un tentativo di spiegazione. Forse è dovuta al fatto che le tematiche del lavoro e del riconoscimento delle qualifiche, delle retribuzioni eque, dei processi di inserimento nelle professioni fanno parte di un campo un campo di saperi e competenze professionali tra i più complessi, mutevoli e specializzati che esitano. Sono saperi però anche del tutto estranei agli specialisti della cultura: storici, architetti, artisti, filosofi, antropologi non se ne occupano in quanto esterni, e quindi estranei, alle loro specializzazioni. La CF tuttavia ha il merito di sollevare problemi che sono per loro natura fortemente trans-disciplinari e invitano al superamento di queste troppo rigide barriere. Infatti l’art. 13(3) ci invita ad “Incoraggiare la ricerca interdisciplinare sull’eredità culturale, sulle comunità di eredità, sull’ambiente e sulle loro interrelazioni.

In termini pratici che cosa significa questo?

Significa che esiste un enorme bisogno e anche urgenza, di interventi legislativi in tema dii lavoro culturale in quanto le logiche dominanti negli ultimi anni del lavoro come merce soggetta contrattazione libera ha penalizzato moltissimo i professionisti della cultura, costretti spesso a prestazioni occasionali a condizioni umilianti o a percorsi di precariato pluridecennali prima di trovare un collocazione professionale adeguata.

Va considerato in ogni caso che:

  • La CF non ha una efficacia immediata e diretta su queste tematiche e il ricorso in giudizio è escluso dall’art.6.
  • In quanto convenzione”quadro” incoraggia gli stati a legiferare in materia in modo da riconoscere e valorizzare le professionalità della cultura e alcuni obblighi di condotta ci sono in seguito alla ratifica. Si veda su questo anche la FAQ 10 sull’efficacia operativa della Convenzione.

Ma quali possono essere allora le priorità sulle quali sollecitare gli enti di governo? Ne suggeriamo alcune.

Volontariato e professionisti

Il rapporto tra volontari e professionisti è fonte di conflitti continui. Istituzioni, musei e lo stesso Ministero Della Cultura utilizzano molto spesso il lavoro gratuito in mondo improprio al posto di personale retribuito. Per contrastare questa pratica è nato anche un sindacato autonomo: Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali.

Modello delle competenze

Da molti anni ormai l’intero sistema della formazione post scolastica in Italia e in tutta l’Europa ha adottato il modello delle Competenze per descrivere in modo analitico i ruoli professionali. Il mondo della cultura è rimasto largamente estraneo a questa impostazione, Una delle conseguenze è che le descrizione dei ruoli professionali in campo culturali è caotica e questo causa a sua volta notevoli difficoltà nella progettazione dei percorsi di formazione e poi del riconoscimento della loro validità sia a livello nazionale che europeo.

l’European Qualifications Framework

Fino a oggi il mondo della cultura si è tenuto largamente ai margini del sistema europeo delle qualifiche comportandosi come sua la esistenza non lo riguardasse, probabilmente risentendo della sua antica radicata tradizione elitaria.
La CF potrebbe però utilmente incentivare l’ingresso a pieno titolo delle professioni della cultura nel Inserimento nel Quadro europeo delle qualifiche (European Qualifications Framework). L’EQF è un quadro di riferimento comune che facilita la comparazione tra qualifiche conseguite in diversi paesi allo scopo di renderle più trasparenti e più facili da capire. In questo modo, l’EQF sostiene la mobilità transfrontaliera di discenti e lavoratori e promuove l’apprendimento permanente e lo sviluppo professionale in tutta Europa. Il silema EQF si basa sui risultati dell’apprendimento (dimostrabili anche se ottenuti fuori dai percorsi istituzionali di formazione)come principio fondamentale e non (non sulla durata dei percorsi di apprendimento). Inoltre valorizza il grado di autonomia e responsabilità delle persone, non solo i contenuti dei loro apprendimenti.

Il riconoscimento delle competenze maturate in modo informale

Da più di venti anni esiste in Europa un sistema di riconoscimento delle competenze maturate in modo informale e non formale (in Francia del 1992). L’Italia si è dotata di un sistema di questo tipo in tempi più recenti e con molte difficoltà . E’ un tema complesso. Per approfondimenti si vede ad esempio: EACEA National Policies Platform > Eurydice o anche il dettagliato Country Report for Italy del CEDEFOP (European Centre for the Development of Vocatinal Training). Anche in questo caso la CF potrebbe utilmente svolgere un ruolo di stimolo affinché le università e le istituzioni culturali si inseriscano in modo attivo e consapevole in questi contesti invece di isolarsi considerandoli minacce.

Superare le male pratiche

Ancora più incisiva potrebbe essere l’applicazione della CF nel contrasto delle diffuse male pratiche retributive. I compensi netti per professionisti qualificati (ad esempio nell’archivistica vicini ai 4 euro/ora con arcaici contratti a cottimo non sono rari. Vanno contrastati gli appalti a massimo ribasso che vengono poi assegnati a cooperative che si rivalgono poi sulla retribuzione degli addetti svolgendo così un ruolo da intermediario inutile e parassitario. Dovrebbero anche essere monitorati e possibilmente sanzionati i concorsi chiaramente “ad personam” (per es. con clausole capestro come 15 anni di esperienza nel ruolo o requisti talmente specifici da poter esser dimostrarti da una sola persona).

In sintesi

Come si vede la materia è impegnativa. La legislazione sul lavoro in Italia è quanto di più complesso e mutevole si possa immaginare e fonti di continui scontri politici. Spetta allora ai sostenitori della CF, a partire dalle Comunità Patrimoniali, esercitare azioni di pressione per stimolare dalle istituzioni il rispetto di una legge dello stato in vigore.