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FAQ 2.2 – In che modo deve e puo’ essere garantito il riconoscimento del diritto al patrimonio culturale?

Un discorso particolare va fatto piuttosto in relazione al diritto al patrimonio culturale. Se infatti l’art. 5 c) dichiara che le Parti si impegnano (“undertake to”) ad assicurare che nel contesto specifico di ciascuna Parte esistano disposizioni legislative per l’esercizio del diritto al patrimonio culturale come definito nell’art. 4, quest’ultimo fa ricorso al termine “riconoscono” (inglese recognize, francese reconnaissent): ovvero gli Stati parte riconoscono che chiunque, da solo o collettivamente “ha la responsabilità di rispettare il patrimonio culturale di altri tanto quanto il proprio patrimonio e, di conseguenza, il patrimonio comune dell’Europa” (lett b). In inglese: “alone or collectively, has the responsibility to respect the cultural heritage of others as much as their own heritage, and consequently the common heritage of Europe”.

Ancora, l’esercizio del diritto al PC (lett. C) “può essere soggetto soltanto a quelle limitazioni che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico, degli altrui diritti e libertà” (in inglese: (“may be subject only to those restrictions which are necessary in a democratic society for the protection of the public interest and the rights and freedoms of others”). Del resto, già, il considerando 4 del preambolo afferma che gli Stati parte “recognizing that every person has a right to engage with the cultural heritage of their choice” come un aspetto del diritto di partecipare alla vita culturale sancito, oltre che dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dal Patto sui diritti civili e politici del 1966 (art. 15), etc.

Ciò naturalmente nel rispetto degli altrui diritti.
Ove noi riflettiamo che la Convenzione europea dei diritti umani del 1950 utilizza la stessa espressione in francese (reconnaissent) ed in italiano (riconoscono) (in inglese “shall secure”), e che tale espressione prevalse sulla proposta iniziale di scrivere “undertake to secure”, “s’engagent à reconnaitre”, la conseguenza da trarne, seguendo qualificata dottrina, è che tale sostituzione di espressione “è prova della volontà degli Stati parti di assumere, in virtù della stessa partecipazione alla Convenzione (e della sua esecuzione nel proprio ordinamento) l’obbligo immediato di rispettare tutti i diritti ivi contemplati” (Villani 2008).

Lo stesso ragionamento vale per il diritto al PC di cui alla Convenzione di Faro:

gli Stati non operano per riconoscere, non si impegnano a riconoscere, ma riconoscono senz’altro, in virtù della loro partecipazione alla Convenzione, l’esistenza (già data quindi al momento della ratifica, e riconducibile all’art. 15 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali) di un diritto al patrimonio culturale.

Ciò non può essere privo di conseguenze: il diritto di riconoscersi in un patrimonio di propria scelta appartiene ai singoli come alle comunità, e lo Stato parte alla Convenzione è chiamato a darne applicazione nel proprio ordinamento.

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Testo da citare:
Testo redatto a cura dell’ Associazione Faro Venezia
https://farovenezia.org/faro_faq/