FAQ 1.11 – Dove nasce la particolare avversione identitaria verso la Convenzione di Faro?

Sgombrato il campo dal disagio dei professionisti (v. risposta n. 9), si avverte l’esistenza anche di un disagio identitario verso la Convenzione. Questo è il secondo motivo di avversione verso la Convenzione di faro, legato a quello che si sostiene essere il suo relativismo culturale, e che definiamo come “avversione identitaria”. Secondo alcuni la Convenzione: promuove una idea di dialogo tra culture diverse generico e poco incisivo che sembra insufficiente per intervenire nel caso di contrasti molto forti . Mancano anche i concetti di intercultura e transcultura.

L’attenzione ai territori e ai luoghi, alle tradizioni e alle specificità, può sfociare, se non controllata e opportunamente mediata, in localismo, in campanilismo, sollecitando chiusure e contrapposizioni, non senza fraintendimenti del concetto di identità, da anni di gran moda e spesso trasformato in un’arma identitaria usata per colpire ogni forma di alterità .

Su questa strada, si arrivare a sostenere che la Convenzione di Faro rischia di diventare succubi di altre culture e in particolare dell’Islam. (data la gravità, questa affermazione sarà oggetto di una risposta separata)

A parte il manto ideologico, si tratta a nostro giudizio di motivazioni fondate sulla incomprensione, talora sulla paura, dello svilupparsi libero di comunità patrimoniali. Tale motivazione identitaria, che si avvale nell’Europa occidentale odierna di motivazioni religiose, sorrette da ragionamenti politici sovranisti, si fonda su di un equivoco fondato sulla non lettura del testo. E sufficiente soffermarsi sull’art. 3 e meditare sul suo contenuto: si è visto che questo sottintende una nozione forte di identità europea, non una nozione debole: una Europa che riconosce i limiti e gli orrori dei fanatismi passati e si impegna nella creazione di spazio per un crogiuolo di reti identificanti, nei limiti però del rispetto dei diritti umani in genere, e in particolare del diritto degli altri a scegliere i propri percorsi di patrimonializzazione.

D’altro canto, nella pratica, come ora si vedrà, le comunità patrimoniali hanno già dovuto affrontare il tema del patrimonio dissonante (FAQ 12).